La crisi europea del Venture Capital



Giunti a fine anno, e con due fronti di guerra ancora aperti, abbiamo numerosi elementi che confermano il profondo malessere economico di cui soffre l’Europa senza che se ne intraveda una concreta  soluzione.

Il primo elemento, che procura danni incalcolabili alla ricchezza e stabilità economica del continente europeo, è la grave mancanza di coordinamento e di una visione strategica condivisa tra gli Stati Membri, frutto di una politica frammentata, litigiosa e debole. Tale contesto, risaputo a livello internazionale dai nostri competitor globali (Usa e Cina), ha scoperto il fianco di un’Europa incoerente e a tratti irrilevante in quei settori strategici per la crescita di un’economia florida e sana: sfida digitale, Intelligenza Artificiale, difesa, sicurezza, energia, salute.

Proprio la mancanza di un reale coordinamento tra Paesi, incapaci di aggregare il proprio potere negoziale, per fronteggiare la Russia sui tavoli delle trattative, ha costretto l’Europa (il più grande acquirente mondiale di gas), a subire una pesantissima fiammata inflattiva, causata dalla crisi energetica indotta dalla guerra tra Russia e Ucraina.

E se questo esempio non bastasse a descrivere la situazione, ci troviamo di fronte alla manifesta incapacità dell’Europa di favorire l’innovazione con misure potenti e coraggiose, con investimenti miliardari in Ricerca e Sviluppo (R&D), in grado, cioè, di mantenere altissimo il livello di competitività ed attrattività industriale del nostro Continente. A certificare questa grave perdita di competitività e di leadership tecnologica bastano due dati: fino al 2010 l’Europa superava gli Stati Uniti in termini di investimenti su assi strategici per la crescita e lo sviluppo. Negli ultimi dieci anni, gli Stati Uniti hanno superato l’Europa con una capacità di investimenti 13 volte più grande. Il secondo elemento di analisi, vede la Cina non più come il Paese dove delocalizzare la produzione industriale a basso costo, capace soltanto di scopiazzare malamente i prodotti altrui. Oggi la Cina guida l’innovazione globale, apre e finanzia laboratori di ricerca scientifica e tecnologica tra i migliori al mondo, coordina e supporta partnership di ricerca e sviluppo tra le più prestigiose Università internazionali. Se fino a vent’anni fa l’indice di innovazione europeo era il doppio di quello cinese, oggi il divario si è ridotto ad un misero 5%.

Inoltre, l’Europa, a differenza di Stati Uniti e Cina, non è riuscita a creare un vero ecosistema favorevole alla crescita delle startup e del Venture Capital. Anche in questo caso, la dimensione finanziaria complessiva appare frammentata e molto ridotta, essendo appena un quinto di quella USA. Inoltre, il sistema finanziario europeo è quasi interamente “dipendente” dalle banche locali che rappresentano il primo (e spesso l’unico) supporto alle imprese. Ciò implica nessun investimento di rischio (il credito bancario finanzia le cose più sicure, con meno propensione al rischio e all’innovazione) e quasi nessuna quotazione in Borsa. Tale sistema non consente un adeguato accesso a fonti di capitale diversificate, limita la crescita delle imprese e il valore dei Venture Capital ed evita che le startup si confrontino con la disciplina e la trasparenza delle quotazioni in Borsa. Risulta chiaro, dunque, come sia impossibile pensare di generare “unicorni” in grado di competere sui mercati globali.

A ciò si aggiunga l’ormai esiguo numero di giganti tecnologici (BigTech) europei che limita pesantemente le exit di alto profilo per le startup e l’immissione di capitali sempre nuovi nell’ecosistema. Questo riflette un’altra differenza strutturale tra il mercato europeo e quello statunitense. Negli Usa, infatti, le Big Tech sono attori indispensabili del mercato M&A, poiché acquistano regolarmente startup innovative a multipli importanti, alimentando un ecosistema dinamico e favorendo il flusso di liquidità verso le nuove imprese, così innescando un circolo virtuoso di cui beneficiano interi team di ricercatori talentuosi e Venture Capital.

 

 

Autore:
Cristina Biasizzo
ScaleUp Labs Boston
Manager of Business Development, Europe
Responsabile Trasferimento Tecnologico Mnesys s.c.a.r.l.






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