BIOSECURE ACT: Washington e la stretta sulla Cina nel settore farmaceutico



Nel mese di marzo di quest’anno, si è svolto a Pechino l’annuale China Development Forum col tema “Lo sviluppo continuo della Cina”. La conferenza, interamente organizzata e sostenuta dallo Stato, offre agli imprenditori stranieri, provenienti da tutto il mondo, l’opportunità di entrare in contatto con i funzionari cinesi, per valutare le possibilità di business e i migliori asset di investimenti.

L’edizione del Forum di quest’anno, è stato visto dal Governo cinese come una chance per cercare nuovi e ulteriori investimenti stranieri, dato il contesto di pesante rallentamento della loro crescita economica e le vivide apprensioni per il continuo allontanamento dell’Occidente a causa delle politiche espansionistiche del Dragone.

In tale scenario, il settore più delicato è risultato essere quello che coinvolge le Pharma globali, data l’emanazione del Biosecure Act americano, attualmente in fase di approvazione al Congresso USA, con il quale i legislatori statunitensi hanno dichiarato la loro intenzione di rendere più difficile per le Company farmaceutiche fare affari e stringere partnership con aziende Biotech cinesi, a causa di crescenti preoccupazioni di sicurezza nazionale.

Il Biosecure Act, se sarà approvato nella sua stesura definitiva, fissa al 2032 il termine ultimo entro il quale interrompere i rapporti di sviluppo e commercio con le imprese cinesi, incluse in un elenco di “aziende biotecnologiche di interesse” e prevede pesanti azioni sanzionatorie per coloro che non dovessero rispettare tale data. Sebbene il disegno di legge sia ancora in fase di discussione, si registra una forte preoccupazione circa la possibilità che potrebbero essere messe in crisi le principali partnership del settore farmaceutico mondiale con le aziende biotecnologiche cinesi.

Queste ultime, fiorite nell’ultimo decennio grazie alle numerose riforme normative fortemente volute dal Governo di Xi Jinping, hanno beneficiato di consistenti finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di trattamenti innovativi in molti settori della medicina ed hanno raggiunto risultati superiori a quelli dei laboratori più all’avanguardia siti in USA e Israele.

Dunque, la posizione di leadership della Cina nel settore dell’industria biotecnologica ha spinto molte Big Pharma straniere a creare partnership molto strette con le aziende locali, non limitandosi all’area della Ricerca ma spingendosi fino allo sviluppo e alla commercializzazione dei farmaci su licenza. Naturalmente, ciò ha reso le Pharma straniere dipendenti dalle biotech cinesi per le attrezzature, i laboratori, la ricerca (quindi la proprietà brevettuale e intellettuale), la produzione e la vendita.

Altri due fattori hanno accelerato la crescita di queste lucrose partnership: la numerosa e ricca platea di investitori qualificati nel settore Life Sciences e la facilità con la quale l’Ente regolatorio cinese consente l’avvio di sperimentazioni cliniche ad alto tasso di qualità per i nuovi farmaci e per i nuovi dispositivi medicali. Basti considerare che il numero di candidati farmaci innovativi (sia biologici che chimici) in fase di sviluppo clinico in Cina è triplicato dal 2017 al 2022 e che circa un quarto di questi farmaci è stato scoperto da aziende fondate in Cina grazie al meccanismo delle partnership. (Rapporto McKinsey “Vision 2028: How China could impact the global biopharma industry”)

Le recenti riforme, le nuove politiche normative e l’innalzamento degli standard di qualità hanno reso il settore farmaceutico più attraente anche per gli investitori stranieri che hanno valutato positivamente la Cina anche come il mercato sanitario più grande del mondo dopo gli Stati Uniti. Secondo un rapporto della Federazione Europea delle industrie e associazioni farmaceutiche, 11 delle 15 principali Big Pharma mondiali posseggono attualmente un centro di ricerca in Cina: Roche nel 2019 ha investito 106milioni di franchi svizzeri per potenziare il suo laboratorio a Shangai; Sanofi ha aperto un labortorio nel parco industriale BioBAY di Suzhou; AstraZeneca ha acquistato la cinese Gracell Biotechnologies, azienda specializzata nelle terapie cellulari CAR-T.

Naturalmente, anche le biotech cinesi hanno la necessità di aprire nuovi mercati internazionali per vendere i loro prodotti non solo in Cina, e le partnership con le più importanti Pharma del mondo sono uno “strumento di presentazione” sulla piazza globale di sicuro interesse.

E’ chiaro, quindi, che il Biosecure Act rappresenta un motivo di seria preoccupazione per il settore farmaceutico, soprattutto perché ad oggi non si è in grado di prevedere quale sarà l’impatto sui legami con le biotech cinesi e quali saranno le ricadute (positive o negative) a livello mondiale.

Un recente rapporto della società statunitense STATnews ha rivelato che le principali Pharma globali stanno già cercando attivamente nuovi partner, alternativi a quelli cinesi, con cui sviluppare accordi di collaborazione su Ricerca e Sviluppo, per non incorrere nelle potenziali sanzioni statunitensi; stessa cosa si registra in Svizzera, sede di molti Haedquarters di Big Pharma internazionali, dove diversi produttori di farmaci hanno incaricato i propri studi legali di scrivere le opportune modifiche da apportare nei contratti con aziende cinesi, così da essere “pienamente allineati” con le normative americane imposte dal Biosecure Act.



Autore:
Cristina Biasizzo
ScaleUp Labs Boston
Manager of Business Development, Italy
Responsabile Trasferimento Tecnologico MNESYS






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